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Investire nella Transizione 4.0 è investire nel futuro

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Gennaio 27, 2023

Investire nella Transizione 4.0 è investire nel futuro

Il Contesto Economico

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi – intervistato dal Sole24Ore il 19 gennaio – si è espresso in relazione alle stime di crescita del Pil, affermando che il primo semestre sarà difficile mentre il secondo dovrebbe essere caratterizzato da una robusta ripresa. Bonomi auspica nella diminuzione dei prezzi dell’energia e di conseguenza una diminuzione dell’inflazione che nell’ultimo anno è volata ai massimi dal 1983 a causa dell’ingente liquidità iniettata nel sistema per arginare le difficoltà del periodo pandemico ed al grande aumento dei prezzi delle materie prime energetiche dovuto alla guerra Russo-Ucraina. Inoltre, sostiene che il rialzo dei tassi d’interesse della BCE, volto ad arginare l’inflazione, sia gestibile fino al 3%. L’aumento dei tassi d’interesse riduce la capacità di investimento delle imprese e per questo motivo il presidente Bonomi teme una frenata degli investimenti e sottolinea l’importanza di avere strumenti finalizzati a stimolarli.

L’importanza della Trasformazione 4.0

Concordiamo su queste conclusioni e riteniamo che la scelta del Governo di ridurre gli incentivi alla Transizione 4.0 – la trasformazione tecnologica guidata dall’intreccio di digitalizzazione ed automazione – possa rappresentare un errore, in quanto il sistema produttivo sta attraversando un periodo di trasformazione digitale molto intensa con l’innovazione come principale driver della crescita. Marco Fortis rileva il forte aumento del valore aggiunto dell’industria Italiana da quando esiste un programma di potenziamento del trasferimento tecnologico relativo all’industria 4.0, che suggerisce che investire nell’industria 4.0 significhi investire nel futuro.

Gli incentivi passati hanno portato benefici?

Negli ultimi cinque anni il sistema di innovazione dell’industria italiana ha visto progressi significativi e la posizione dell’Italia nell’European Innovation Index è migliorato dal 20° al 12° posto tra il 2008 e il 2021, soprattutto grazie ai progressi nel triennio 2019-21.

Confrontando il periodo 2012-15 con il quadriennio 2016-19 in cui sono stati introdotti gli incentivi Transizione 4.0, l’acquisto da parte delle imprese italiane di nuovi macchinari controllati da sistemi computerizzati è aumentato di € 30 miliardi (+44%). Nel 2020-23 gli incentivi sono stati incrementati da € 13 a € 18 miliardi e l’acquisto di macchinari è aumentato di € 14 miliardi (+14%), il 65% rispetto al quadriennio pre-incentivi (2012-15). Inoltre, va sottolineato che i 2/3 delle richieste di nuovi macchinari è stata soddisfatta da produttori italiani innescando così un circolo virtuoso a livello nazionale, dove anche i produttori acquistano nuove macchine per soddisfare l’aumentata domanda.

Gli incentivi attuali dovrebbero rimanere

Il rapporto benefici-costi (acquisto di macchinari / incentivi stanziati) nei periodi 2016-19 e 2020-23 è passato da 7,5 a 6,1, quindi l’aumento degli incentivi stanziati porta benefici decrescenti. Questo ci porta a suggerire di non aumentare gli incentivi alla Transizione 4.0 ma di mantenerli al livello attuale per un periodo temporale prolungato al fine di agevolare una maggior diffusione della trasformazione digitale dei processi produttivi e di consentire la creazione di un ecosistema industriale solido ed attraente agli investimenti stranieri ed in grado di autosostenersi senza la necessità di ulteriori incentivi statali.

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